La proposta di legge Bonifacio reintroduce fra l’altro l’interrogatorio di polizia
Pinelli è «volato» invano
La proposta di Legge Bonifacio parla di inasprimento delle pene per i reati di danneggiamento e devastazione, prevedendo il “tentativo” con parole ambigue “atti diretti a…” senza specificare l’doneità di tali atti e la loro univocità (elementi caratteristici propri del “tentativo” penalmente previsto), dando adito alle più ampie e pericolose interpretazioni.
Nelle disposizioni processuali, poi, si prevede la possibilità per il Ministero dell’Interno (attraverso funzionari, ufficiali di P.S. ecc..) di chiedere in visione alla Magistratura “informazioni scritte sul contenuto di atti processuali” in deroga al segreto istruttorio. Si ribalta così l’esigenza che era invece dell’Autorità giudiziaria di poter chiedere notizie di rapporti alla Polizia o ad altri organi (es. il SID) senza vedersi opporre il divieto del segreto militare e invece si amplia il potere dell’Esecutivo di venire a conoscenza di atti giudiziari inerenti a privati cittadini senza che a questi sia dato lo stesso potere nei confronti di reati inerenti alla Pubblica Amministrazione.
Viene quindi ribaltato l’art. 15 della Costituzione sulla libertà e segretezza delle comunicazioni, istituendo la liberalizzazione delle intercettazioni telefoniche da parte degli organi di Polizia Giudiziaria (P.S. e CC).
Si stabilisce addirittura che l’ “autorizzazione può essere data anche oralmente”, con conferma scritta “appena possibile” (sic).
In un altro articolo della proposta di legge si permette alla polizia di attuare le intercettazioni salvo comunicare, poi, all’Autorità giudiziaria, quando vi siano “seri e concreti indizi di reato da indicarsi specificamente nel decreto” e si dà la possibilità di prorogare l’autorizzazione (già concessa tardivamente) a tempo indeterminato.
Siamo tutti intercettati
L’autorizzazione orale si risolve perciò in un permesso indiscriminato, senza motivazione, di controllare l’attività di chiunque in qualsiasi momento. Neanche è prevista la motivazione di «urgenza» dell’atto, il che fa prevedere l’introduzione di simili soprusi in via normale attraverso un’autorizzazione in bianco delle intercettazioni telefoniche.
Ma la gravità della norma è evidente negli articoli successivi che danno alla P.S. e ai Carabinieri il diritto di intercettare in qualsiasi momento le conversazioni di persone non sottoposte a procedimento penale, per il solo motivo che potrebbero essere indiziali di qualche reato.
Sì instaura quindi l’intercettazione preventiva per indiziati di atti preparatori di un reato grave: una norma assolutamente indeterminata che dà ampi spazi al controllo poliziesco, e la finzione che tali intercettazioni siano «prive di ogni valore ai fini processuali» serve solo a dare l’illusione che queste disposizioni siano meno gravi di quel che si può pensare.
Si prevede, poi, che il Giudice possa delegare un ufficiale di P.S. per effettuare controlli e acquisire documenti di, imputati di rapina, estorsione e sequestro di persona derogando al principio che il Giudice, debba procedere personalmente all’esame della corrispondenza e dei documenti degli imputati, ai fini dell’accertamento di eventuali responsabilità penali. Ricordando che gli episodi di<<spesa politica>> degli ultimi anni sono stati definiti «rapina», è facile prevedere l’uso di tale norma nei confronti di compagni del movimento accusati di tali reati.
Non ci sarà più nè tutela delle comunicazioni, ne della corrispondenza in barba, alla democrazia tanto decantata da queste Istituzioni Repubblicane e con il beneplacito, anzi la promozione, del Partito Comunista Italiano.
C’è inoltre un’altra grave formulazione che modifica in peggio alcuni punti della legge Reale e, in particolare, l’art.4 lasciando l’indeterminatezza di questo per quanto riguarda la facoltà della Polizia e dei Carabinieri di valutare le circostanze di tempo e di luogo per procedere, senza l’autorizzazione del magistrato, a perquisizione personale delle persone «sospette», ammettendo quindi l’indiscriminato potere di condurre le dette persone (qualora non diano le loro generalità) in Questura, attuando quel famoso «fermo di Polizia» che da anni si cerca di introdurre in Italia.
Il fermo di polizia
E’ abolita qualsiasi garanzia di libertà personale prevista dalla Costituzione, nell’art. 13, c. III, che aveva indotto la legge a stabilire che il «fermo» fosse possibile solo nei confronti di indiziati in modo grave di reati per i quali fosse previsto il mandato di cattura obbligatorio, e, per di più, solo quando vi fosse fondato sospetto di fuga. Con questa norma, non solo si attenua il carattere di eccezionalità previsto dalla Costituzione e la motivazione di necessità e di urgenza, ma, ricalcando la già incostituzionale legge Reale, si introduce il concetto di «sufficienti indizi» (invece che gravi) e si amplia a dismisura il limite della norma stessa concedendo la possibilità del «fermo» non per reati «gravi» ma anche per reati contravvenzionali quale quello della non declinazione delle generalità. Ciò significa che, solo per l’identificazione, una persona può essere fermata per 24 ore.
Ma l’attuazione completa dello Stato di Polizia è nella formulazione degli articoli successivi dove si da ampia facoltà a questi organi di perquisire sedi e case di persone indiziate anche solo di essere in procinto di porre in essere atti preparatori di delitti: ciò a completa discrezione della Polizia e senza autorizzazione del Magistrato.
L’essere in procinto di porre in essere atti preparatori di delitti è la nuova formula che sostituisce e scavalca la previsione legislativa del «tentativo» dando ampio potere, senza alcun controllo, allo scatenamento della repressione poliziesca.
Per ultimo, e in modo sfacciatamente nazista, si permette l’arresto «provvisorio», sempre in relazione a «indizi di atti preparatori», che ratifica e amplia il potere di «fermo»; anche questo è svincolato dai requisiti ritenuti necessari e sufficienti a garantire la costituzionalità del fermo, quali la «gravità» degli indizi e il «fondato sospetto di fuga» ed è diretto a concedere una totale discrezionalità alla valutazione poliziesca.
La parte della norma relativa alla presenza del difensore di fiducia, è di estremo sconvolgimento delle minime garanzie costituzionali del diritto alla difesa e dell’interrogatorio dell’imputato quale mezzo di difesa: infatti la Polizia, dopo aver avvisato l’avvocato, è autorizzata a procedere all’interrogatorio anche se questi non è presente, con autorizzazione anche soltanto orale del Magistrato, e non è obbligata a redigere verbale dell’interrogatorio stesso con le evidenti conseguenze, già verificate in passato, della sottomissione completa dell’indiziato ai metodi e alla fantasia poliziesca. L’ultimo interrogatorio di polizia fu subito dal compagno Giuseppe Pinelli e fu proprio allora che la Corte Costituzionale fece introdurre il principio della obbligatorietà della presenza del difensore durante gli interrogatori.
Durante l’arresto provvisorio si concede alla P.S. di poter trattenere l’indiziato per ben 96 ore in attesa delle decisioni del Magistrato senza neanche vedere o sentire l’indiziato, spedendolo direttamente al confino o qualcosa del genere, sulla base delle sole dichiarazioni della Polizia. Viene così violato il limite costituzionale delle 48 ore per la convalida degli arresti e si supera qualsiasi prassi precedente per l’applicazione delle norme di sicurezza per le quali, tra l’altro, questa legge prevede un’amplia applicazione.
La proposta di legge termina ribadendo il carattere di eccezionalità di tali norme e le limita nel tempo fino all’applicazione del nuovo Codice di Procedura Penale, ma la stessa formulazione di questa legge, il suo peggiorare la legge Reale, la sua incostituzionalità, fa prevedere quali siano le linee che informeranno il nuovo Codice che, ideato sull’esigenza di leggi più democratiche di quelle fasciste attualmente vigenti, viene invece a concretizzarsi, mediante l’emanazione di leggi quali le ultime qui illustrate, peggio sia del Codice Rocco sia del Codice Zanardelli, rispecchiando in pieno quella che è la linea antioperaia portata avanti negli ultimi trentanni e codificata dagli ultimi accordi governativitivi.