Quando lo Stato si spinge ai suoi confini

Quando lo Stato si spinge ai suoi confini 
Il discorso è semplice. Non potendo più dirigere il paese con un piano economico e sociale credibile, si tenta di governare con la paura; ovvero si fa della paura il credo per ricompattare le sorti di un regime allo bando. Che sia il Pci, poi, ad agitare con più forza questo spauracchio non deve meravigliare: esso è preso infatti da due problemi coincidenti. Quello ideologico, di concepire lo Stato, e quindi i rapporti sociali, costantemente sospesi tra ordine pubblico e libertà individuali complessive, sull’ impronta di quanto avviene nel partito; il partitochiesa, risolutore di tutti i mali (ma chi non è d’accordo è matto o criminale): e questa è la revisione terzointernazionalista della dittatura del partito sul proletariato. L’altro, pratico, è che materialmente ci vuole ordine, se no, se cambia la formula di governo e, al limite, se il Pci si sostituisce financo alla Dc, cosa pensate che il Pci possa far meglio della Dc in questa situazione? Non è pensabile il ricatto morale-ideologico su un proletariato ormai smaliziato, non ci sono margini economici per rimediare allo sfascio: un Pci succeduto o appaiato alla Dc non può che continuare e accentuare il clima di repressione, paura, terrorismo.
In questo quadro si spiegano le misure, che in un crescendo voluttuoso e criminale hanno portato, da novembre ad oggi, alla chiusura di «Via dei Volsci», alla denuncia per «bande armate», per 94 compagni, di cospirazione politica per un totale di 183, fino alla richiesta del confino per una trentina di militanti dei Comitati Autonomi Operaia.
Quando in una democrazia borghese si arriva a proporre una misura-limite come il confino contro gli oppositori politici, significa che si sono verificate due cose, per altro coincidenti:
—la norma, la legge, che è comunque espressione e volontà delle forze politiche al potere, non è più certezza, essa è soltanto il punto di partenza per il passaggio ad involuzioni reazionarie che riducono la norma a decisioni ministeriali quotidiane del regime in carica;
—che si sono erosi definitivamente i margini della dialettica della lotta di classe, più per volontà delle bande armate al potere che per la volontà soggettiva dell’opposizione rivoluzionaria e dei reparti clandestini. Lo Stato, cioè, attraverso la forma attuale del regime dei partiti dal Pci al Msi, ha deliberatamente  scelto di affrontare il problema della guerra civile per riuscire a risolvere quello che nel mondo viene considerato come atipico: ovvero il caso Italia, un paese dove la classe operaia conta politicamente e la sinistra rivoluzionaria è la più forte del mondo; una situazione tale da creare continua instabilità e disarmonia con il concetto europeo, guidato dall’imperialismo americano.
Questo non vuol dire che nell’immediato si arrivi allo scontro frontale. Certo è che i margini di trattativa sono talmente ridimensionati dalla proposta di patto sociale delle confederazioni e dall’infame diritto di licenziare deliberato dal servo dei padroni, Lama, di concerto con i partiti ex-operai. Un regime che oggi governa con il sostegno del Pci, sorto trent’anni fà per difendere la democrazia borghese dai rigurgiti fascisti, ma che non riesce neanche in questo, stante le note sentenze favorevoli ai nazi-fascisti. Un regime che ordina solo sacrifici, licenziamenti, disoccupazione, repressione, confino, non ha, non può avere lunga vita.
Delle due l’una, dunque! O si attaccano i padroni nazionalizzando i loro profitti, le banche, etc., per garantire salario e lavoro, o si attaccano i proletari a partire dalle avanguardie, per distruggerli politicamente, e sradicare le ultime velleità rivoluzionarie, per ridurli a sola forza—lavoro, a merce in attesa di essere valorizzata a seconda di come tira il mercato.
Via dei Volsci, il progetto rivoluzionario dei comunisti dell’Autonomia Operaia, ha fatto sorgere in questi anni una speranza nel proletariato industriale e sociale dell’occidente. Questa speranza, a partire dal movimento sorto nel ‘77, sta cercando, tra mille ostacoli, di diventare una certezza. L0 testimoniano le lotte fatte, l’aggregazione di larghi strati operai, l’unità con i disoccupati, le masse giovanili e femminili, gli emarginati. Lo testimoniano le migliaia di ex iscritti al Pci che hanno lasciato il partito (oltre il 20070 a livello nazionale, tale da configurarsi come una vera e propria scissione proletaria) per mettere le loro energie a disposizione di un progetto comunista rivoluzionario.
Ecco spiegato perchè il Pci vede in noi il nemico principale. Il suo tentativo disperato di farsi Stato, al di sopra e al di fuori degli interessi del proletariato, lo porta a rivalutare Scelba e le sue infami gesta. Noi ce la metteremo tutta per non dargli questa soddisfazione.