Per anni la crescita degli affitti è stata alimentata col sistema dello strozzinaggio.
Equo vuol dire giusto. Ma per chi?
Il governo definì nel dicembre del ’76 il suo primo disegno di legge sugli affitti. La scelta dei criteri fondamentali ricalcava gli aspetti essenziali della proposta formulata dalla federazione dei lavoratori delle costruzioni (FLC).
Su questo disegno, formulato sulla base di una definizione “oggettiva” di costi, profitti, rendita si è aperta una trattativa che si è prolungata per tutto il ’77 e che ancora continua.
La storia di questo anno di trattative non è stata che la rappresentazione della disponibilità più «ragionevole» del sindacato alle esigenze padronali, cosi come veniva espresso nella sua proposta, e della arroganza dei padroni delle costruzioni e del governo che ridendosene della “buona volontà” del sindacato ha giocato al rialzo, conscio evidentemente di quale miniera da sfruttare fosse l’equo canone.
In ogni caso in questa vicenda il sindacato ha per larga parte surrogato il governo nella definizione tecnico politica di questa clamorosa truffa rappresentando con ciò nel migliore dei modi quella programmazione concertata tanto auspicata dagli Agnelli. La legge si articolerà in due parti: una riguardante lo sblocco dei fitti e l’altra la definizione della disciplina vera e propria dei fitti.
Lo sblocco dei fitti interesserà 5 milioni di abitazioni secondo quanto informa la banca d’Italia in una sua inchiesta del ’76. Teniamo presente che il totale delle abitazioni in Italia è di circa 8 milioni di unità. È fuori discussione che il solo provvedimento di sblocco che andrà in vigore al 31/3/1978 imporrà un consistente trasferimento di reddito dai proletari ai proprietari. Per quanto riguarda l’equo canone vero e proprio il riferimento base è dato dal valore dell’appartamento definito mediante i massimali di costruzione dell’edilizia pubblica ed in base ai costi di esproprio delle aree aggiornati dalla legge Bucalossi. Tale parametro è stato fissato infine in 250.000 L. al mq. (per il meridione 225.000). Tale valore viene poi aggiustato da 6 coefficienti che riguardano il tipo di abitazione, la classe dei comuni, l’ubicazione, il piano, la manutenzione e l’indice di invecchiamento.
Accanto a ciò viene stabilito un meccanismo di scala mobile per cui l’affitto verrà automaticamente aumentato ogni tre anni sulla base dei 2/3 dell’aumento del costo della vita secondo le rilevazioni Istat. C’è da tener presente poi che la superficie dell’appartamento da considerare è quella convenzionale, essa è data dalla superficie netta esclusi i tramezzi, più il 50% dell’autorimessa, il 10% del verde condominiale.
La durata dei contratti di locazione sarà di 4 anni per i vecchi contratti e potrà essere rinnovato automaticamente per altri 4 anni a meno che il proprietario non frapponga giusta causa di rescissione del contratto.
Per le nuove costruzioni l’equo canone sarà determinato in base a valori fissati ogni anno con decreto presidenziale e rispetto a questi il costruttore potrà provare l’eventuale maggior costo per cui le nuove abitazioni saranno sostanzialmente sganciate da criteri determinati. Si riprodurrà quindi un doppio regime di fitti.
Un argomento su cui i padroni e governanti puntano per far digerire questa equa bastonata è lo scaglionamento degli oneri derivanti da questa legge. Il canone in base alla nuova normativa sarà applicato a partire dal 4° mese dall’entrata in vigore della legge. Per gli inquilini con un reddito inferiore agli 8 milioni gli aumenti scattano secondo le seguenti percentuali: il 20% il primo anno, il 20% il 2° anno, il 15% per i successivi 4 anni per un totale di 6 anni. Per quelli il cui reddito supera gli 8 milioni si pagherà subito il 50% dell’aumento e il restante 50% sarà pagato all’inizio del 3° anno. Anche per quanto riguarda l’indicizzazione è previsto uno scaglionamento in questi termini: nel ’78, ’79 non avviene nessuna indicizzazione; nell’80 l’indicizzazione rispetto al costo della vita è del 20%; nell’8l del 40%; nell’82 del 60%; nell’83 sarà del 75%.
Riassumendo, secondo gli economisti, il monte affitti complessivo dovrebbe passare dagli attuali 2900 miliardi a 4200 miliardi, dato peraltro ottimistico se è vero che l’affitto medio per il ’76 in Italia non superava le 500.000 lire annue mentre secondo il nuovo progetto l’affitto annuo medio dovrebbe arrivare intorno alle 900.000 lire, quindi sostanzialmente un raddoppio.
A questo punto è evidente che l‘equo canone rappresenta insieme al collaterale progetto di canone sociale l’ultimo atto di un processo di ristrutturazione dell’intero settore delle costruzioni tendente a favorire l’intervento del grosso capitale nel settore. Dopo l’attacco all’occupazione nell’edilizia a partire dal ’71, dopo la definizione delle leggi 167 e 865 con le sue modificazioni rappresentate dalla legge Bucalossi, dopo la ristrutturazione tecnologica e l’ingresso sostanziale delle partecipazioni statali e delle multinazionali nel settore, quello che mancava ancora era una sistematizzazione e razionalizzazione del sistema dei fitti che partisse da un livello raggiunto ormai altissimo.
Dopo aver per anni alimentato la crescita degli affitti col sistema dello strozzinaggio ora si interviene con una legge sull’equo canone che assume il livello dato dal mercato incidendo con delle modificazioni che se da una parte ridimensionano i fitti più macroscopici dall’altra comportano un aumento per la stragrande maggioranza degli appartamenti. Ancora una volta la riconversione tanto auspicata dal Pci e dai sindacati si rivela per quello che è: rilancio del profitto capitalistico e attacco all’occupazione, al salario, all’organizzazione proletaria.